Ultimamente si sente spesso parlare di Big Data. Ma cosa sono esattamente? La definizione ce la dice già il termine stesso: i Big Data sono dati grandi, in termine di volume, che viaggiano principalmente attraverso internet. Quanto grandi? Parliamo di quantità di dati nell’ordine degli Zettabyte, ovvero miliardi di Terabyte. Un numero che è difficile anche solo immaginare e destinato a crescere sempre di più nei prossimi anni. Solo nel 2013 sono stati creati 4 Zettabyte di dati [in cifre, si tratta di un 4 seguito da 21 zeri!], e si stima che entro il 2020 aumenteranno fino a 40 Zettabyte. Nel 2017 ci saranno 3 dispositivi connessi per ogni persona sulla Terra. Basti considerare che il 90% dei dati oggi esistenti sono stati generati negli ultimi 2 anni: il ritmo con cui queste informazioni sono prodotte è tale per cui ogni due giorni è creato un volume di dati pari alla quantità di informazioni generate dall’umanità intera fino al 2003. Ogni minuto vengono inviate più di 200 milioni di email, mandati 300 mila tweet, effettuate 4 milioni di ricerche su Google e condivisi 3 milioni di contenuti su Facebook.
Fonte: Intel – http://www.intel.it/content/www/it/it/communications/internet-minute-infographic.html
Ma non si tratta solo di volume. I Big Data, per essere tali, devono avere anche la caratteristica della velocità, ovvero deve essere possibile effettuare analisi di dati in realtime [o quasi] su dati freschi e aggiornati, e della varietà, ovvero i dati devono provenire da fonti diverse, eterogenee, strutturate e non. Alle 3V [volume, velocità e varietà] se n’è aggiunta negli ultimi tempi una quarta, la veridicità.
Fonte: IBM – http://www.ibmbigdatahub.com/infographic/four-vs-big-data
Ma a cosa servono tutti questi dati? La vera questione non è quella di acquisire un ampio volume di dati, bensì come utilizzarli.
Tra le informazioni più utili per le aziende, di qualsiasi settore si tratti, ci sono sicuramente quelle determinate dalla Sentiment Analysis. Con questo termine si intende un metodo di analisi qualitativa applicata al web che considera le conversazioni online su blog, forum e social network e permette di ascoltare e capire quello che pensano gli utenti riguardo agli argomenti più vari. Uno dei vantaggi più evidenti di questo tipo di analisi è la mancanza di intermediazione, che permette di ridurre al minimo la distorsione dei dati raccolti in quanto si tratta di opinioni liberamente e spontaneamente espresse e non sollecitate da un questionario o da un intervistatore.
La Sentiment Analysis è quindi un metodo di analisi semantica che raccoglie in tempo reale le reazioni degli utenti, classificandole in positive, neutrali o negative. Rielaborando i dati è così possibile comprendere la percezione degli utenti riguardo un determinato marchio, prodotto, evento o personaggio; misurare il ritorno delle attività di marketing; effettuare analisi di benchmark; indagare le preferenze degli utenti; analizzare la propria reputazione online [ed evitare così di inciampare in crisi di reputation management]. La ricerca di Sentiment Analysis rappresenta una miniera di informazioni per aziende e personaggi pubblici che in questo modo possono programmare in modo ottimale le attività e le strategie comunicative future, oltre che gestire con più controllo le criticità [non dimentichiamoci mai che la viralità della condivisione della rete può giocare a favore, accrescendo il successo, ma anche a sfavore in caso di giudizi negativi, soprattutto se espressi da influencer di settore, con il rischio che un ‘mood’ negativo si diffonda e contagi a dismisura anche altri utenti].
La Sentiment Analysis tramite i Big Data offerti dalla rivoluzione tecnologica degli ultimi anni è uno dei metodi più efficaci per cogliere i propri punti di forza e di debolezza e al giorno d’oggi può considerarsi una delle attività più importanti se si vuole essere competitivi nel proprio mercato e, soprattutto, al passo con i tempi.
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